Maggio 1861. Dopo anni di insurrezioni, l’Italia è da poco diventata il Regno d’Italia, uno Stato unitario governato da una monarchia costituzionale. In queste terre, a circa 1300 metri d’altezza, il tepore delle giornate primaverili e l’allungarsi delle ore di luce consentono ad un seme sotterraneo di farsi largo ed emergere dal terreno. Un piccolo germoglio di faggio inizia a crescere. Il processo di germinazione porterà alla comparsa di una radice e di due foglioline embrionali, i cotiledoni. Per tutta l’estate il piccolo germoglio di faggio crescerà molto, molto, lentamente. Il faggio comune o occidentale, il cui epiteto latino è Fagus sylvatica è una pianta dicotiledone, cioè ha due foglioline embrionali. Il suo areale di distribuzione va dalla Svezia meridionale all’Italia meridionale e dalla Spagna orientale alla Turchia occidentale, ad altezze che variano tra i 900 e i 2000 m. Fa parte, insieme a querce e castagni, della famiglia delle Fagaceae.
Settembre 1870. Le truppe italiane entrano a Roma per annette al Regno d’Italia la città, finora appartenente allo Stato Pontificio. Sono passati 9 anni dalla germinazione del seme di faggio e dalla proclamazione dell’Unità d’Italia. Il faggio ha ancora dimensioni molto ridotte e si prepara a trascorrere un altro inverno in uno stato di dormienza. Prima di raggiungere la maturità sessuale e iniziare la fioritura dovranno passare circa 50 anni.
Maggio 1915. L’Italia entra nel Primo Conflitto Mondiale dichiarando guerra all’Austria-Ungheria. Proprio in quei giorni, il faggio inizia la fioritura. Il fusto slanciato, dalla corteccia liscia e lucente, è diventato piuttosto ramificato. Dai rami spuntano, in modo alterno, le foglie picciolate di forma ovale e dal margine ondulato. Tra di esse, compaiono i fiori. Sulla stessa pianta, in posizioni diverse, il faggio ha sia fiori maschili che fiori femminili. I fiori maschili sono riuniti in strutture pendule; quelli femminili fanno parte di un involucro tondeggiante. È il vento a rendere possibile l’impollinazione, ovvero l’unione del polline maschile con l’ovario femminile nel pistillo. Quando il polline feconda l’ovulo, si forma il seme. L’ovario del pistillo si modifica diventando il frutto, a protezione del seme. I frutti del faggio, le faggiole, sono grossi acheni, cioè frutti dall’involucro coriaceo, contenuti in ricci, simili ma più piccoli di quelli delle castagne. Le faggiole contengono olio, usato a scopo alimentare, e sono commestibili per molti animali. Topi, arvicole e diverse specie di uccelli si cibano delle faggiole e contribuiscono alla dispersione dei semi (Watt, 1923).
Novembre 1918. Alla fine del Primo Conflitto Mondiale, dopo 57 anni dalla sua germinazione, nonostante il fusto sottile, il faggio sarà facilmente riconoscibile per la sua chioma con i rami della porzione apicale eretti in verticale. In questa stagione le foglie diventano giallo-dorate, qualcuna cade al suolo, altre restano attaccate ai rami anche d’inverno. Poi, alla fine dell’inverno, da migliaia di gemme rossastre, localizzate all’estremità dei rami, emergeranno le nuove foglioline e il faggio riprenderà a crescere.
Agosto 2021. Sono passati 160 anni dall’inizio della crescita del faggio. Ormai è alto quasi 15 metri. Intorno a lui centinaia di altri faggi compongono una foresta di soli faggi, la faggeta. Il fitto fogliame delle chiome dei faggi maturi, alti fino a 40 metri, trattiene gran parte della luce del sole. In estate, le faggete appaiono come luoghi ombrosi e dal suolo ”pulito” perché in assenza di luce altre specie erbacee o arbustive non riescono a crescere.
Nonostante gli alberi di faggio siano minacciati da gelate tardive, da fughi e da alcuni insetti parassiti, come l’orcheste del faggio (Rhynchaenus fagi) e il moscerino Miokiola fagi, la vita del faggio può essere ancora molto lunga. Questi alberi possono vivere anche oltre cinquecento anni. Quando un faggio muore, il legno morto di tronchi ancora in piedi, dei tronchi caduti al suolo e dei ceppi innescano processi che favoriscono l’insediamento di nuova vita. Questi alberi in decomposizione forniscono cibo e rifugio a centinaia di specie, rilasciano lentamente i nutrienti favorendo la fertilità del terreno e, con la loro presenza, prevengono l’erosione del suolo.
La storia del faggio è secolare, dall’Unità d’Italia, alla Prima Guerra Mondiale, agli anni della pandemia del virus Sars-CoV-2. La sua memoria va ben oltre gli anni in cui ci è possibile vederlo ed è racchiusa in tutte le relazioni che costruisce. Ci sono alberi nel cuore dell’Europa che ci consentono di guardare al passato e al tempo stesso di progettare il futuro. Il faggio è uno di questi.
Viaggio nell’Italia delle antiche foreste
Nell’agosto 2020 mi è stato chiesto di documentare fotograficamente le faggete vetuste patrimonio Unesco di tutta Italia. Un compito complesso, ma, ancor più, una fantastica esperienza. Fotografare una foresta potrebbe