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Sulla pelle dei faggi

La corteccia è l’interfaccia degli alberi con l’ambiente in cui vivono, ne limita la perdita d’acqua e svolge funzioni di protezione da parassiti, patogeni e predatori. Essa, tuttavia, è in

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Gli ingegneri ecologici

La prima sensazione che si prova entrando in una faggeta è quella di trovarsi in un ambiente monotono e scarsamente popolato, ma ad un occhio più attento appare un vero

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Il mondo nascosto della foresta

Il suolo della faggeta ospita una stupefacente biodiversità.

Osservandolo, è possibile riconoscerne diversi strati. Lo strato più superficiale è la lettiera, formata da resti organici vegetali, quali foglie, rami, frutti e animali. Segue la lettiera di decomposizione, dove avvengono i processi di prima ”demolizione” del materiale caduto a terra a opera di organismi decompositori, principalmente funghi e batteri. Lo strato inferiore è invece costituito da humus, dove il materiale decomposto si mescola al terreno del sottostante strato minerale inorganico. In profondità s’incontra infine un sottosuolo sempre più ricco di frammenti di roccia madre, che costituisce lo strato più profondo. Il suolo è un ambiente straordinariamente ricco e ospita la stragrande maggioranza della biodiversità del bosco. In esso si svolgono i processi di decomposizione e rielaborazione della materia organica, grazie ai quali vengono messi a disposizione delle piante gli elementi chimici e le sostanze nutritive necessari a sostenerne lo sviluppo. Si tratta di un mondo assai complesso e antico, per la maggior parte costituito da organismi non percettibili dall’occhio umano, se non attraverso un microscopio. Il micelio dei funghi, ovvero il loro corpo vegetativo presente nel sottosuolo formato da numerosi filamenti intrecciati detti ife, costituisce relazioni di simbiosi con le piante del bosco, formando un apparato detto micorriza. Grazie al contatto fra le parti più sottili degli apparati radicali delle piante e le ife del fungo, gli organismi instaurano un rapporto di scambio mutualistico, in cui il fungo fornisce azoto, fosfati e acqua in cambio delle sostanze organiche fotosintetizzate dalla pianta. Particolare è il caso dell’orchidea Coralloriza trifida, visibile all’inizio dell’estate nei boschi di faggio con esili steli e fiori bianchi macchiati di fucsia. Questa pianta presenta una minima attività di fotosintesi, soprattutto durante la fioritura, ma vive soprattutto grazie alla simbiosi con le micorrize presenti nel terreno, grazie alle quali assorbe le sostanze nutritive di cui necessità. Piccoli e salterini, non è raro incontrare nei boschi di faggio numerosi Collemboli. Durante l’inverno, è facile scorgerli sul manto nevoso alla base dei faggi più grandi, dove brulicano alla ricerca di spore, pollini e altri residui organici. Questi piccoli esapodi, cugini degli insetti, sono capaci di compiere salti pari a 100 volte la loro lunghezza grazie a un’appendice addominale, o furca, che utilizzano come una molla. Nella lettiera, svolgono il ruolo di erbivori, pascolando funghi e controllandone la distribuzione e il numero. Fra i più agili predatori della lettiera, ricordiamo i Chilopodi o centopiedi, frequenti nelle zone ricche di rifugi quali rocce, tronchi caduti e alberi cavi, dove è facile osservare anche i loro cugini Diplopodi o millepiedi, che sono invece detritivori. Altri importanti e abbondanti abitanti di questo affascinante mondo sono i lombrichi (oligocheti della famiglia Lumbricidae): questi animali invertebrati, appartenenti al phylum Annelida, fanno presa sulle particelle di suolo grazie a minuscole setole distribuite lungo tutto il corpo e scavano profonde gallerie nel terreno, che permettono l’infiltrazione dell’acqua e dell’ossigeno, e lo sviluppo di radici, funghi e batteri. Inoltre, i lombrichi si nutrono di resti di altri organismi, argilla e materia organica in decomposizione, producendo escrementi ricchi in azoto, fosforo e potassio che fertilizzano il terreno. Insomma, dei veri e propri ingegneri del terreno!