Nelle faggete vetuste, a differenza di quanto avviene in una foresta gestita e coltivata, sono presenti alberi in diversi stadi di sviluppo.
In questi ecosistemi dinamici e in continua rinnovazione, gli alberi vecchi e senescenti, a causa di disturbi naturali, vanno incontro a un lento e inesorabile deperimento che con il tempo provoca l’accumulo di grandi quantità di legno morto sotto varie forme: alberi morti in piedi o caduti al suolo, alberi stroncati di diverse dimensioni, rami rotti, pezzi di tronchi e ceppaie.
Nelle foreste naturali l’abbondanza di legno morto, detto anche necromassa, è stato considerato per lungo tempo un indicatore di degrado. Ad oggi sappiamo con certezza, però, che rappresenta una componente fondamentale per il mantenimento e l’incremento della biodiversità, rivestendo un ruolo chiave nell’innesco di numerosi processi ecologici e rappresentando un microhabitat fondamentale per centinaia di specie di vertebrati e invertebrati, che svolgono importanti ruoli funzionali nel sistema-bosco.
Gli alberi, quindi, non rivestono un ruolo cruciale solo in vita, ma anche ben oltre la durata del proprio ciclo biologico. Con occhi attenti, infatti, si può osservare che alberi seccatisi in piedi o schiantati al suolo pullulano di vita, prosperando di insetti e altri invertebrati che accelerano il processo di decomposizione.
Nelle faggete gli abitanti del legno morto, in differenti stadi di decomposizione, sono costituiti da numerose specie di invertebrati, funghi, briofite, licheni, anfibi, uccelli e mammiferi, che dipendono o utilizzano il legno morto come fonte di nutrimento o rifugio.
Alcuni dei primi “inquilini” dei faggi sono rappresentati da insetti xilofagi, ovvero che si nutrono di legno morto: piante morte in piedi o tronchi, che godono di una maggiore esposizione all’irradiazione solare anche in inverno, diventano così rifugi e habitat per uno straordinario numero di organismi. Tra questi il coloratissimo cerambice del faggio Rosalia alpina, coleottero che in fase adulta è caratterizzato da lunghe antenne e da una splendida livrea grigio-azzurra con bande nere. Le femmine di questa specie infatti depongono le proprie uova nelle incisioni della corteccia e le larve qui nate si nutriranno per alcuni anni del legno in decomposizione.
Funghi, batteri e altri organismi completano poi l’opera decomponendo i resti vegetali. Tra i più efficaci decompositori troviamo i funghi lignicoli, che degradano il materiale legnoso rilasciando così nella lettiera forestale nutrienti e sostanza organica, utili per la vita e lo sviluppo di tutti gli organismi vegetali. Questo processo contribuisce alla rinnovazione del bosco fungendo da nicchia ideale per la germinazione e lo sviluppo di molte specie arboree.
Quindi, oltre a essere un elemento fondamentale per la biodiversità, la necromassa riveste un ruolo chiave nel ciclo dei nutrienti, rappresentando un importante serbatoio di carbonio e al contempo una riserva di energia che viene resa nuovamente disponibile.
I resti di faggi a terra, infine, proteggono il terreno dall’erosione limitando l’azione battente dell’acqua, trattenendo l’umidità e offrendo un’efficace protezione dal congelamento.
Ne consegue che la lunga serie di eventi e azioni che si susseguono nelle faggete fino al decadimento e alla decomposizione della necromassa, risultato delle numerosissime e sorprendenti relazioni che intercorrono tra le diverse specie, sono da proteggere e conservare.
Vita di un faggio, tra storia e memoria
Maggio 1861. Dopo anni di insurrezioni, l’Italia è da poco diventata il Regno d’Italia, uno Stato unitario governato da una monarchia costituzionale. In queste terre, a circa 1300 metri d’altezza,